“Cani”
La storia parla troppo poco degli animali.
(Elias Canetti)
Pablo Garcia Maniara non parla di se stesso, vuole che siano le sue opere intellettuali a prendere la parola, le descrive come tali perché non si ritiene un artista, la sua è una dedica, una maniera per restituire la fede a chi è fedele, per questo le sue opere rappresentano gli animali, soprattutto cani, l'amico fedele per antonomasia che merita, come tale, una statua che lo veneri.
Questo è il lavoro del Maniara, essere l'impresario delle sfingi del 21esimo secolo e allo stesso tempo un sensibilizzatore: invitare a rendere omaggio a quegli esseri così cari all'uomo, da meritare il più delle volte un monumento che li renda immortali.
Le sculture di Pablo Garcia Maniara sono oggetti di design, sagome 3d che rappresentano fedelmente tutti i particolari dell'animale preso in oggetto: la struttura della scultura (grandezza naturale) è composta da lame di metallo che, sagomate perfettamente per ogni sezione, compongono la silhouette del soggetto, infatti, lo spettatore che gira attorno alla scultura, si ritrova a recepire tre concetti:
1. La rappresentazione dell'animale preso in oggetto che riconduce alla memoria.
2. Il riflesso della propria immagine nelle lame di metallo che riporta all'intesa magica che unisce animale e padrone.
3. Lo spazio tra una lama di metallo e l'altra, dove si cela il concetto più sottile del Maniara, come volesse dirci che quel vuoto, negli esseri viventi, è occupato dai ricordi, dagli affetti, dall'anima che anima le molecole.
Pablo Garcia Maniara è un architetto al servizio dello spirito, parla di affetto non di arte, discute sul concreto e lascia correre libero il concetto.
L'arte? È per quelli che non hanno voglia di lavorare. Per questo Maniara definisce le sue opere intellettuali, la sua è una collaborazione tra l'artigiano e il cinofilo, Pablo rende omaggio all'affetto, all'intesa, all'amore incondizionato, il resto è speculazione, dalla quale lui si tira fuori.
"Vuoi veramente bene ai tuoi animali? Allora erigigli un monumento, perché probabilmente lo meritano".
Testo critico di Giosuè Deriu.