Lo spazio, il tempo e Jonathan Livingston
Personale di Aurelia Maria De Stefano
“Se la nostra amicizia dipendesse da cose come lo spazio e il tempo, quando finalmente supereremo lo spazio e il tempo avremo distrutto la nostra fratellanza! Superiamo lo spazio, e tutto quello che ci resta è il Qui. Superiamo il tempo, e tutto ciò che ci resta è l'Ora. E nel bel mezzo del Qui e dell'Ora non credi che potremmo vederci qualche volta?” Quando vedi le opere di Aurelia vieni trasportato, sarà il cerchio che ti assorbe, le tonalità del blu che sfumando ti rilassano, e quei gabbiani, in lontananza, che ti fanno sentire via. Nasce alla fine del ventesimo secolo tra bellezze e contraddizioni, intuendo sin dall’infanzia che nei colori e nella resa pittorica avrebbe trovato risposte per l’anima. Aurelia Maria De Stefano sviluppa la propria arte con rispetto delle sue capacità, non vuole strafare, non vuole dimostrare, perché la sua è una ricerca, dove la psiche si rivela per mano all’espressione artistica, si evince subito dall’utilizzo della pennellata che il suo è un rituale, dove gesto e soluzione cromatica si esprimono in una curva. In fisica teorica, una closed timelike curve è una linea di universo chiusa, la quale implica, quindi, che l'oggetto da essa rappresentato, continuando a viaggiare nel futuro, torni, sia nello spazio sia nel tempo, al punto da cui è cominciata la linea di universo stessa. Questa è la teoria della relatività generale. Il filo conduttore è uno, il percorso è intuitivo, nessun volo pindarico sia per soggetto, colore e tecnica, piuttosto una ricerca semplice ed educata che inizia da un supporto di tela, una stesura di fondo data dal gesso per aumentare la presa e resa delle tonalità, un utilizzo consistente del colore primario Blu in tutta la sua gamma che sfuma sino ad arrivare al bianco nelle sue gradazioni, dove imperterriti volano dei gabbiani, nell’osservazione dell’esistenza. Poi ad un tratto arriva il tramonto dello stato d’animo e la visione verte nei toni bruni e gialli, svelando una sorta di malinconia. Di fatto queste opere malinconiche prendono il nome di “La Fuga” e “Anima in Fuga”, dove le sagome dei volatili, all’apparenza gabbiani, protagonisti della esposizione, muovono verso l’alto dove la luce appare come spiraglio di salvezza da quei pensieri negativi di cui il nostro subconscio è intriso. E il percorso dei gabbiani procede nelle altre dieci tele strutturate nello stesso emblema di circolarità, di contrasto tra il giorno e la notte, tra il buio e la luce, tristezza e gioia, dove il lato positivo, quello illuminato, non scende mai sotto il livello del mare, ma al massimo si dilata, come lo spazio e il tempo, sino a dividere la tela nella linea più antica della storia, Horizon, diventando uno Spiraglio, un Bagliore, dove ci si sente Dispersi. Questo quello che si evince dalla prima personale di Aurelia Maria De Stefano, un percorso che parla della curiosità, uno dei motori dell’esistenza, dove la paura a volte regna sovrana, e questa, senza il giusto controllo declina nell’incoscienza, ma allo stesso tempo è grazie alla paura stessa, per mano all’equilibrio, che nasce il coraggio. La luce regna, a rappresentare una positività che l’artista esprime, come vi fosse un occhio di bue puntato nel vuoto, o forse la luce in fondo al tunnel, o piuttosto il Sahasrara, il settimo chakra, il centro del pensiero e della comprensione che ci collega con l’energia universale e, attraverso di essa, ci si avvicina alla Luce di conoscenza, di consapevolezza del proprio essere, di serenità. Quella sensazione che ricorda la percezione dell’esistenza, di Unità nel Tutto.
Giosuè Deriu