L'ambiente dove si nasce caratterizza la crescita dell'individuo e durante questo processo di maturazione si riflettono le influenze del vissuto. L'Emilia Romagna è famosa per lo spirito del suo popolo, della sua forza lavoro, quindi anche delle sue industrie, tra le più famose quelle che producono macchine da corsa e pistole, dove entrambe detengono fascino e spavento, bellezza e orrore, genio e sregolatezza. Così Carlo Alberto Vandelli, modenese classe '82, cresce sotto le influenze della sua terra e queste, immancabilmente, affiorano nella sua produzione artistica, proprio come nei bassorilievi di poliuretano, dove la realizzazione dell'animo del soggetto passa attraverso la ricerca del materiale, e il viso atterrito, inorridito ma allo stesso tempo con una comicità sottintesa, si materializza nello spazio tridimensionale come spauracchio del vivere sociale, dove appunto fascino e spavento convivono nell'impresa umana, bellezza e orrore si sostengono, genio e sregolatezza si annullano e quello che rimane è la tensione rappresentativa del viso; inevitabilmente l'avventore viene rapito dallo sguardo del soggetto e messo in soggezione da questo, come se la causa di tale inquietudine fosse lo spettatore stesso. La produzione di Vandelli segue la linea del colpo d'occhio, dove tecnica e concetto si incontrano nell'immaginario popolare e la visione lascia spazio alla superficialità come all'introspezione, dove la prima detiene una posa Pop e la seconda uno spirito analitico che a seconda della chiave di lettura descrive sia i temi dell'uomo, sia il contesto sociale. Nella bassa, come dicono in Emilia, a volte la nebbia è così fitta da far sparire la mano se si distende il braccio, con tale nebbia è difficile capire dove ci si trova e fermare dei punti di riferimento. Questa nebbia, data da un'assenza di ventilazione, spesso è ricca di tutte le sostanze tossiche prodotte dalle fabbriche. Queste opere nascono in questa nebbia e per alcuni aspetti ne sono il ritratto, e come la nebbia quando ci si imbatte, è impossibile esserle indifferente, possiede fascino e tossicità e rappresenta uno stato delle cose che si può paragonare ad un aspetto del subconscio che emerge a seconda delle stagioni, il lato oscuro che risiede in ogni essere umano. Alla fine dell'esposizione ci troviamo nel bel mezzo della personificazione femminile della notte e a questo punto, pensando al percorso e alla ricerca dell'artista, nasce spontanea una domanda: Una volta diradata la nebbia, uscirà il sole? M°Giosuè Deriu